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L’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di avvocato non può essere certo considerato una passeggiata! Infatti, si tratta di una prova ben diversa dagli esami universitari a cui si era abituati e, allo stesso tempo, è anche molto diverso da ciò che si farà nel successivo praticantato! In pratica, il candidato si troverà in una sorta “limbo” in cui si dovranno riesumare le nozioni istituzionali dei manuali universitari ed allo stesso tempo di superare l’astrattezza della teoria con applicazione alle tracce d’esame. Di conseguenza, solitamente, mancherà nel candidato una preparazione specifica ad una prova simile! In ogni caso, una delle caratteristiche che il futuro avvocato dovrà necessariamente possedere è rappresentata dall’esigenza di una rigorosa capacità di ragionamento giuridico, perché solo con essa si potranno affrontare le difficoltà che questo esame comporta. Quindi, la preparazione ad affrontare la prova scritta dell’esame d’avvocato, comporterà la razionalizzazione delle esperienze passate dello studente. Vediamo ora qualche consiglio utile.
Preparazione
Anche se l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di avvocato non richiede una cultura giuridica sterminata, non significa che non occorra studiare ed esercitarsi in modo efficace e mirato, soprattutto nel breve tempo che precede le prove! Prima di tutto, sarà necessario recuperare il vostro vecchio testo universitario, giusto per darvi una “rinfrescata” su tutti quei concetti che avevate accantonato nei meandri della vostra memoria! Questo ripasso può essere addirittura piacevole, in quanto non bisogna sforzarsi di memorizzare ma ci si può limitare a soffermarsi sulla ratio degli istituti, così da comprenderne in profondità la funzione ed il coordinamento con le altre figure del sistema. È proprio questa consapevolezza, cioè sapere a cosa serve un istituto e quale finalità persegue, che consente di individuare la norma più opportuna da applicarsi al caso di specie! Il parere, infatti, non consiste in una trasposizione delle informazioni apprese senza cognizione di causa, ma nell’applicazione e nella rielaborazione di quanto studiato con riferimento al caso specifico. Ma anche il migliore dei manuali non potrà mai esporre i vari argomenti in maniera completa ed esaustiva! Quindi, munirsi anche di un Codice Civile commentato è sempre una buona idea, anche in sede d’esame. Oltre al ripasso del manuale, sarebbe molto utile dedicarsi alla lettura della giurisprudenza. Infatti, di solito, la prova scritta contiene casi tratti dalle sentenze degli ultimi anni: concentrandovi su questo aspetto, quindi, potrete essere ragionevolmente sicuri di individuare l’argomento che troverete all’esame. Al fine di orientarsi nell’ampia produzione pretoria, vi suggerisco di focalizzare la vostra attenzione sui contrasti giurisprudenziali pendenti o risolti che trattano questioni inerenti ai più importanti istituti codicistici. Altro fattore importante è che, se sia già intervenuta una pronuncia delle Sezioni Unite, di solito la traccia pone dei problemi applicativi del dictum della Suprema corte. Dunque, vi consiglio anche di dare un’attenta lettura alle decisioni del Supremo consesso nomofilattico non fermandosi alla massima, ma addentrandosi nel percorso motivazionale ponendovi il problema dei profili applicativi del principio di diritto sancito.
Poi, per riuscire ad individuare i contrasti pendenti, vi consiglio di consultare anche alcune riviste specializzate (ad esempio il Corriere giuridico, che ha una rubrica apposita), le rassegne giurisprudenziali e consultare il sito della Corte di Cassazione nella relativa sezione. In ogni caso, nei mesi precedenti l’esame, è tassativamente necessario ed insostituibile…allenarvi a scrivere! Questo perché la maggior parte dei candidati non è più abituato (o non lo è mai stato!!) a tale attività a seguito di anni di università finalizzati a prove orali! Quindi, l’elaborazione personale di più pareri affina le capacità espositive e consente maggiore velocità di composizione e di ragionamento. Statisticamente, è proprio tra chi vi rinuncia (per pigrizia o mancanza di tempo) che si concentra la maggiore percentuale dei “non ammessi agli orali”!! Inoltre, come ho detto prima, bisogna anche fare molta pratica sulla consultazione dei codici commentati. Tuttavia, vi suggerisco di è ritardarne l’acquisto (o prenderli in prestito) negli ultimi mesi prima della prova, aspettando così la pubblicazione dell’edizione più aggiornata. Poi, per quanto riguarda la scelta tra i codici delle varie case editrici, essa deve essere basata su criteri di evidenza grafica e facilità di consultazione (ad esempio è importante l’indice analitico di ogni articolo e quello finale e la segnalazione dei contrasti), in quanto i contenuti sono più o meno omogenei. Molti candidati portano all’esame anche i codici di anni precedenti, per aumentare la banca dati delle massime in commento ai vari articoli! Potrebbe essere una buona idea, ma concentratevi maggiormente su quello aggiornato!
Parere
Per parere s’intende l’esposizione ragionata della soluzione giuridica di un caso concreto. L’elaborazione del parere d’esame è oggetto di varie scuole di pensiero e di teorie più o meno complesse, non diversamente da qualsiasi altra questione che i giuristi abbiano affrontato. Unico appiglio indiscutibile è il dato normativo, anche se la legge non definisce specificamente cosa si debba intendere per parere o atto d’esame, ma si limita ad indicare generici criteri di valutazione degli elaborati. Da essi, comunque, si può trarre qualche indizio su ciò che verrà richiesto al candidato.
Valutazione Degli Scritti
L’Art. 1 comma 9, allegato della legge 180/2003 dichiara le specifiche dei criteri valutativi per gli scritti d’esame. Nello specifico, “La Commissione istituita presso il Ministero della giustizia definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali e il presidente ne dà comunicazione alle sottocommissioni”. La commissione è comunque tenuta a comunicare i seguenti criteri di valutazione:
- chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione;
- dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;
- dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;
- dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà;
- relativamente all’atto giudiziario, dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione.
Per riassumere, le valutazioni della Commissione d’esame si concentreranno innanzitutto sulla capacità di costruire l’elaborato in modo lineare e coerente ma anche sull’individuazione del problema giuridico e pratico e sulla relativa soluzione. Da notare che solo come ultimo aspetto, terrà conto delle conoscenze teoriche del candidato! Ad ogni modo, una dei primi dubbi che affliggono il candidato, riguarda il genere di soluzione che debba essere privilegiata: imparziale o favorevole al cliente, in linea con la giurisprudenza prevalente o eventualmente critica dell’orientamento maggioritario? Iniziamo con il dire che il parere non è un atto, in cui si perseguono le ragioni dell’assistito, prendendo in considerazione le argomentazioni della controparte solo per contestarle! Il parere però non può essere considerato nemmeno una mera rassegna degli orientamenti giurisprudenziali esistenti, di cui riportare acriticamente la massima. Infatti il semplice collage dei dicta pretori non dimostra capacità alcuna, soprattutto se si tiene conto che il candidato si avvale di un codice commentato! Il parere d’esame è riguarda invece l’esposizione delle ragioni che stanno dietro agli orientamenti contrastanti, indicando con adeguata motivazione al cliente la strada migliore da percorrere nel suo interesse (sempre se ne esiste uno!). Ciò può portare anche ad esporre soluzioni non favorevoli al cliente o addirittura a criticare l’indirizzo prevalente della giurisprudenza, sempre che le proprie conclusioni siano supportate da un ragionamento coerente e lineare.
In bocca al lupo!
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